Non so da che parte cominciare, così comincio dalla canzone che mi echeggia dentro da stamattina mentre mi districavo nel traffico e nei percorsi imprevisti e che fatta sera continuo a canticchiare storpiandola (il mio generale ormai ne ha cento di anni) e che ho risentito ipnoticamente tornando a casa.
E inizio veramente a credere che si son presi il nostro cuore sotto una coperta scura, se solo il pettegolezzo aziendale spintissimo riesce a far resistere me e il mio socio da ieri, quando per farmi smettere di piangere le lacrime più piccole, le lacrime più grosse mi ha detto “scopano!” e ormai è diventato un talismano che ci rimpalliamo insieme alle battute sulla coltivazione estensiva della cipolla in Italia.
Non è questione di dollari d’argento, né di pesci che cantano, è chiudere gli occhi per tre volte e sapere che non è un sogno, che ci siamo allontanati troppo sulla pista del bisonte, che il lampo in un orecchio nell’altro il paradiso è la tecnica preferita per mettere le pedine sulla scacchiera.
Il mio albero della neve fiorisce di verde e mi trovo i suoi fiori tra le mani, se li abbandono tornano ed è giusto, perché ne ho bisogno; fiori alla mano ho chiesto cose che mi sono tornate indietro come non volevo che tornassero.. ma quando sono così o mi leggi o non ti riconosci.
(..la giacca è sottilmente bordata di rosso ed è certamente figlio d’un temporale..)