Ode alla Forcella

La Forcella, per definizione, è una sola: quella del Pordoi.

Quando ero piccolina e facevo il Sellaronda coi miei, rompevo sempre le scatole al babbo perché io volevo fare la Forcella del Pordoi, soprattutto dopo quella malaugurata volta in cui mi portarono al rifugio in cima al Pordoi e io in funivia col naso incollato ai vetri a guardare quei pochi coraggiosi che la facevano.

Poi un anno sono andata in vacanza con degli amici e con uno di loro e col maestro matto che ci dava retta abbiamo organizzato la spedizione. Una data così importante da registrarla nelle FAQ!

Poi l’anno scorso sono tornata e la prima cosa che mi ha detto il maestro quando ci siamo incrociati sulle piste è stata “Quando andiamo a fare la forcella?”. Ecco, un richiamo a cui non so resistere.
Ho portato il sig. N in pellegrinaggio in cima al Pordoi a bere una cioccolata, ma lui non ha sentito la magia, ha detto solo per tutto il tempo che ero matta e che quella cosa lì non si poteva fare.

E invece si fa. Si percorre il panettone gelato e pieno di impronte, schivando i sassi, poi ci si tuffa nella valletta stretta fino al bivio con la Val Lasties, si tiene la destra e ci si prepara a sentirsi mancare il fiato, quando ti affacci sul muro e accanto hai solo pareti di granito immense e fa un caldo quasi innaturale, che di lì non ci passa nemmeno il vento. E poi è solo magia.

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