La ricetta della Lemonsoda

Leggere Andrea qualche giorno fa mi ha fatto tornare in mente la ricerca della ricetta della Lemonsoda.
Quando io e Ugo eravamo piccole la domenica si andava a pranzo dai nonni paterni ad Arcore (noi abitavamo a Milano con la nonna materna). Dopo pranzo gli adulti sparivano a chiacchierare o ad appisolarsi sui divani e noi di solito giocavamo in cortile con le cugine.
Se ci veniva sete, scavalcavamo la finestra della cucina (che dava direttamente sul cortile) ed entravamo a bere. La nonna aveva sempre in frigo qualche bibita: la Lemonsoda e la Schweppes. Ugo odiava la Schweppes e quando la Lemonsoda era finita, pur di non bere acqua, provava a riprodurla.
Prendeva l’acqua gasata (rigorosamente nelle bottiglie di vetro, con tante bolle, grosse), il limone, un bicchiere e le zollette di zucchero (la nonna usava solo le zollette). Poi iniziava: una zolletta, un po’ d’acqua, un po’ di succo di limone, mescolare bene e poi assaggiava.. e andava avanti finché il risultato non la convinceva (e convinceva noi, dato che ci faceva assaggiare per ricevere consigli).

(..la Lemonsoda per me ha il gusto della ricetta di Ugo..)

Sketch: siamo quelli con l’audience più alto

F Amo, è successo un casino!
N ..
F io e il papà stavamo facendo il bagno in piscina e si è messo a piovere..
N sì..?
F eh, ci siamo bagnati!

****

N sì? Ah, ciao, sì, te la passo
F pronto?
S metti sul due che c’è una puntata di NCIS che non ho mai visto, non c’è neanche Ziva, dev’essere una cosa vecchia!

(..io e il papà facciamo cose strane, oltre al bagno quando piove ci telefoniamo ogni volta che troviamo in onda una puntata di NCIS che non ci aspettiamo..)

Il pisciatore maledetto ha colpito ancora!

Fine maggio. Dopo la fioritura dei papaveri.

Sui bordi delle strade, accanto ai ricci spiaccicati, pullula di uomini adulti incontinenti e menefreghisti.

Uno di questi sfidava apertamente le leggi della fisica, essendo in giro con due stampelle..

(..il titolo arriva da un aneddoto – probabilmente inventato di sana pianta – che mio padre raccontava a me e a mia sorella, quando eravamo molto nanerottole e molto incontinenti notturne. L’identità di questo antisupereroe rimaneva sconosciuta e a testimoniare la sua esistenza c’era solo una scritta sulla lavagna: quella, appunto, nel titolo)

I comunisti e i nerd sì!

Natale di qualche anno fa. In rete impazzano i soliti filmati di auguri in flash a cui nessuno è immune.
Un filmato che mi arriva è però diverso dagli altri perché si fonda su un semplice assunto: Babbo Natale è vestito di rosso.
Quindi è comunista.
Quindi mangia i bambini!

Ugo (mia sorella!) l’aveva imparato a memoria e ci ha deliziato per tutto il pranzo di Natale camuffandosi la voce e urlando ad ogni piè sospinto “Papà, papà, mangia i bambini!”.

(..il titolo è di Sara, che all’osservazione di Domitilla “smettila co sta cosa che ciai bambini, che c’è mica gente che se li mangia!” ha risposto proprio così! quasi proprio così: ha aggiunto un’emoticon in fondo che io, per chiare esigenze editoriali, ho tagliato!)

Aspettami oppure dimenticami

Stamattina alle 3:25 ero in giro per casa.
Non perché io soffra d’insonnia o per qualche altro ragionevole motivo, ma semplicemente perché mi ha svegliato il mal di testa.
Mi sono alzata, sono andata per prendere una pastiglia, non l’ho trovata, ho cercato nella borsa e nello zaino, non l’ho trovata, sono andata in camera e cercando di far meno rumore possibile per non svegliare il sig. N, ho iniziato a rovistare nelle mie borse, che a volte mi capita di ritrovare dei blister sperduti. Niente. Nada.
Mentre camminavo in giro per casa con le gatte al seguito (quando mi alzo in piena notte si preoccupano e iniziano a seguirmi) ho deciso di prendere qualcos’altro, anche se di solito non serve a niente, e di farmi una doccia.

La doccia è una scoperta relativamente recente delle mie notti col mal di testa: bollente mi aiuta a sbloccare lo stomaco (che va rigorosamente in tilt) e a “digerire” la pastiglia, e il getto forte (il più forte e diretto possibile) massaggia la testa dandomi un po’ di sollievo. Quando esco dalla doccia il male non è passato ma è un po’ migliorato.
Con addosso l’accappatoio sono tornata a stendermi a letto, sperando che la pastiglia alternativa aiutasse almeno un po’. Non ho però pensato che a casa nostra l’accappatoio è sinonimo di gioco per i gatti: quando usciamo dalla doccia entrambe le gatte ci vogliono un po’ più bene e con l’accappatoio indosso sono autorizzate ad arrampicarcisi addosso, dato che la spugna spessa non permette alle unghiette di devastarci.
Mi stendo, dicevo, e dopo un attimo un’enorme gatta nera mi balza sulla pancia, sdraiandosi comodamente; dopo un’altro attimo sento qualcosa di fuseggiante che da accanto al letto si solleva per strusciarsi contro la mia spalla.

Con una mano che coccolava un felino accanto al letto e l’altra appoggiata al felino sopra la pancia, mi sono riaddormentata.

(..e comunque la pastiglia alternativa non ha fatto granché e ho *ancora* mal di testa. Millenni fa, quando abitavo coi miei, prima di scoprire la doccia notturna, camminavo in silenzio per la casa buia e spesso mi addormentavo in qualche angolo improbabile..)

Si leva l’ancora dai pantaloni

La mia inesistente forma fisica ha almeno un pregio: dopo due ore in giro a cavallo posso confutare la simpatica teoria del sig. N secondo cui l’equitazione non è uno sport (non conta che sia pure olimpico, no) perché è solo il cavallo che fa fatica.

Se lui avesse ragione, non riesco a spiegarmi come mai a me fanno male:

  • pezzi non meglio definiti della cuffia dei rotatori
  • addominali superiori
  • gli adduttori
  • polpaccio
  • glutei

(..il che vuol dire che riesco a sedermi come una signorina e non come un cowboy stanco, ma che cammino un po’ più a papera del solito!)

D’erba appena calpestata

Al momento di salire in macchina mi ha detto “però guarda sto direttore della fotografia che luci che fa..”. Le nuvole si erano appena riaperte e la luce calda del tramonto inondava tutta la valle e mi son ritrovata a pensare che qui non si smarmella mica!

***

Ogni partenza è un ripasso, come rileggere un caro libro, io ripasso questa strada: sono terminati i lavori e il tratto tutto curve di stradina stretta in mezzo ai campi tra Villanterio e Santa Cristina e Bissone non c’è più.
Il pezzo che mi faceva sempre sghignazzare pensando a quel fanciullo appena conosciuto, vittima della sindrome di Ryoga, che minacciavo di abbandonare in mezzo al granturco dopo averlo fatto girare su se stesso, rimane solo nella mia memoria, sostituito da una strada larga a due corsie comode. Dove c’era il granturco quest’anno c’è il riso (sospetto non sia solo normale rotazione, è la prima volta che vedo risaie su questa strada).

Ho bisogno di un sano niente e con me ci sono quattro cd di musica italiana degli ultimi – uhm – cinquant’anni. Volume alto, canto a squarciagola. Ogni tanto sono così immersa nei pensieri che non ricordo neanche quale la canzone appena terminata. Il tempo c’è e quindi Rimmel passa due volte e anche Patrizia.. so solo che quando arrivo alla meta la sua maglietta fina è già volata via e lei sta soffrendo (e io impunemente la tronco a metà).
È proprio primavera inoltrata: il verde verdissimo, il fieno imbiancato di fiori, le acacie con più fiori che foglie, il grano con gli steli blu.

Quel che resta della mattina passa ozioso di chiacchiere e anche un pezzo del pomeriggio. Poi partiamo per una delle nostre spedizioni, a trovare l’ippovia. Io con Giove, il mio socio con Olly.
Un breve tratto tranquillo di viottoli, attraversamento del Tidoncello e di aie varie, poi la troviamo e ci troviamo a salire e salire e salire. Ad un certo punto proviamo a fare una variante di valico (e io rido come una pazza mentre lo dico, perché siamo veramente in alto e dominiamo tutta la valle) attraversando un pratone di costa, ma oltre c’è il seminato e non ci azzardiamo a rovinare un raccolto. Torniamo indietro e saliamo ancora un po’, prima di inventarci strade per scendere (non c’è gusto a far la stessa strada due volte).

Prima c’è il sole, poi le nuvole, ancora il sole. C’è vento, l’aria è bella, ronza dei trattori che tagliano il primo fieno. Giove è un patatone e Olly fa la scema, ogni tanto fa dei salti da gatto o si spaventa per delle sciocchezze ed è così prevedibile che io continuo a ridere.
L’atmosfera è così bella che diciamo cose tremende “ma che posto orrendo, senti l’aria come puzza, mamma che traffico..” come degli scemi. In effetti non incontriamo più di tre o quattro macchine, qualche trattore rallenta o si ferma al nostro passaggio per non spaventare Olly, una lepre ci attraversa la strada correndo come una matta.

Le gambe non sono più quelle di una volta e le due ore si sentono, ma una volta rientrati.. non voglio più scendere!

(..grazie sociuz, dimentico sempre quanto sia bello e vitale e necessario!)

E si ammonticchiano le storie sulla via

Una fanciulla in acqua, al mare, urla in direzione del padre, sulla spiaggia

F Saaaaaaaaaaaaaaaanchooooooooooooo!

un fanciullo si aggira a pelo d’acqua

B perché lo chiami Sancho?
F perché ha la pancia
B anche tu hai la pancia..

(..che detto ad una qualcosaenne – dieci, undici, dodici.. o giù di lì – voleva dire finire per sempre – un per sempre relativamente breve – sulla lista nera..)