Niente.
Vorrei scrivere miliardi di cose ma non sono in vena, c’ho i pensieri che frullano e si mischiano alle note di De Gregori che canticchio anche mentre dormo, dopo averlo ascoltato per oltre 600km, in loop.
(..pffffffffffffffffff, sbuffo come una teiera, dice un impertinente BOFH. Ma come fanno i marinai..? rispondo io..)
La mia valigia
Quando due settimane fa ho preso la mia valigia per prepararmi ad andare via, l’ho trovata ammuffita.. in effetti era dal viaggio di nozze che non la usavo più e questo inverno il solito problema di umidità è stato più problematico degli altri anni (il povero deumidificatore non ce la faceva).
Muffa a parte, mi sto rifacendo delle miglia mancanti: col sig. N siamo stati a Roma-Montalto di Casto-Valentano-Todi-Baschi, con i miei siamo andati a trovare mia sorella in Puglia (poi ne scriverò) per cui Vieste-Monte Sant’Angelo-Manfredonia-Roma-poi Frieda in treno, venerdì vado a Siena e torno sabato passando per i colli piacentini e prima delle vacanze andrò anche a Viterbo.
Insomma, mi sono scrollata via anche io un po’ di muffa!
Non succederà più
L’altro giorno casualmente mio padre ha tirato fuori un ricordo che avevo soppresso (per me era irrilevante, invece lui si era spaventato quindi se lo ricorda bene) e mi ha fatto ridere molto.
Quindici anni fa (o giù di lì) avevamo un bellissimo modem, con cui io e Ugo stavamo attaccate a internet ore e ore (con somma gioia della Telecom e della sua TUT e, si fa per dire, buona pace dei miei quando arrivava la bolletta).
Il computer stava in camera mia, la presa del telefono nei pressi della cucina e ci volevano 10 metri di cavo telefonico con tanto di giuntura in mezzo per collegarmi. Prendere il cavo, snodarlo, attaccarlo da una parte, stenderlo, arrivare al modem, attaccarlo e finalmente far partire la sospirata connessione.. praticamente un’impresa titanica! Per cui spesso lasciavo il cavo attaccato e steso per casa (con gente che ci inciampava, il modem che cadeva a terra, ma va beh.. la US Robotics li faceva solidi!).
Se il cavo era attaccato alla presa telefonica, anche se il modem era sconnesso, gli altri telefoni di casa non suonavano.
Una volta che i miei erano via – e i cellulari non erano ancora in dotazione ai figli – devono aver provato a chiamarci diverse volte, non ottenendo mai risposta. Fino al punto di preoccuparsi e telefonare ad un vicino di casa che era venuto a citofonarci un po’ in apprensione e un po’ imbarazzato per sincerarsi che fossimo ancora vive.
(..a seguito di questo simpativo episodio, mio padre installò a casa un centralino, per bypassare le sue figlie e il loro modem!)
Vicino a Roma a Little Bighorn
Siamo usciti in una sera di pioggia e non ci siamo più lasciati (..to be continued..!)
La prima cosa che mi viene in mente è che non ho mai visto così tante fanciulle scalze ad un matrimonio.. (del resto la sposa dava il pessimo esempio!)
Mia suocera ricorda ancora con molta sorpresa che la mattina (ci siamo sposati di pomeriggio) io fossi talmente tranquilla e sul pezzo da aver fatto una lavatrice (che lei e l’allora futuro marito hanno steso).
(..primo anniversario e noi dispersi per l’Italia. Manco a dirlo, questo è un post programmato!!)
Dammi due parole
Tra le tante informazioni (abstract, foto, short bio) che mi hanno chiesto per un convegno, ce n’è una che l’altra sera mi ha spiazzato:
in due parole (due max) come ti definiresti
Non sapendo che dire ho iniziato a tormentare gli amici online su gtalk chiedendo una mano per risolvere il mio “serissimo problema”.
Tra le tante risposte ha goduto di una certa popolarità “dolcemente autoritaria”, rapidamente scartato dopo che googlando ho trovato un simpatico annuncio che richiedeva “… lezioni di “arte romagnola” da una coppia con lui mini o normo dotato e lei curiosa e dolcemente autoritaria, primissima esperienza, max discrezione …”.
In un’altra conversazione siamo partite da “grandemente indaffarata” per finire a parlare di aviaria (e ricevere un altro link sul tema, oggi, questo!).
Il più nerd, che però mi ha risposto in differita, mi ha mandato una mail spiegandomi che lì per lì aveva un po’ travisato:
pensavo che mi stessi chiedendo:
«Mi definiresti in due parole “2”» cioè la definizione del (concetto di) numero 2.
La cosa bella è che avevo pure la risposta pronta:
“il numero due è la classe di equivalenza degli insiemi che hanno la
stessa cardinalità di: $$\{ \emptyset, \{\emptyset\}\} $$”
(sì, ho un plugin che mi permette di visualizzare il LaTeX scritto nelle mail).
(..ho passato la sera a ridere, almeno :-))
O tempora, o mores! (l’amante)
Il sig. N non usa il profumo e non lo ama particolarmente. Ogni tanto io lo avvicino munita di una boccetta di qualche essenza che gli hanno regalato, ne spruzzo un po’ in aria e lui ci passa in mezzo, così da avere solo un vago profumo (oltre che la massima attenzione delle gatte che osservano estasiate lo strano rituale).
Dato lo scarso uso che ne fa, io non riconosco quel profumo.
L’altra sera siamo usciti con amici e l’ha messo e la sera a letto prima di addormentarmi lo notavo come qualcosa di insolito.
F con quel profumo lì addosso, sembra di essere a letto con l’amante!
(..ovviamente il sig. N non ha apprezzato O.o)
La ricetta della Lemonsoda
Leggere Andrea qualche giorno fa mi ha fatto tornare in mente la ricerca della ricetta della Lemonsoda.
Quando io e Ugo eravamo piccole la domenica si andava a pranzo dai nonni paterni ad Arcore (noi abitavamo a Milano con la nonna materna). Dopo pranzo gli adulti sparivano a chiacchierare o ad appisolarsi sui divani e noi di solito giocavamo in cortile con le cugine.
Se ci veniva sete, scavalcavamo la finestra della cucina (che dava direttamente sul cortile) ed entravamo a bere. La nonna aveva sempre in frigo qualche bibita: la Lemonsoda e la Schweppes. Ugo odiava la Schweppes e quando la Lemonsoda era finita, pur di non bere acqua, provava a riprodurla.
Prendeva l’acqua gasata (rigorosamente nelle bottiglie di vetro, con tante bolle, grosse), il limone, un bicchiere e le zollette di zucchero (la nonna usava solo le zollette). Poi iniziava: una zolletta, un po’ d’acqua, un po’ di succo di limone, mescolare bene e poi assaggiava.. e andava avanti finché il risultato non la convinceva (e convinceva noi, dato che ci faceva assaggiare per ricevere consigli).
(..la Lemonsoda per me ha il gusto della ricetta di Ugo..)
Sketch: siamo quelli con l’audience più alto
F Amo, è successo un casino!
N ..
F io e il papà stavamo facendo il bagno in piscina e si è messo a piovere..
N sì..?
F eh, ci siamo bagnati!
N sì? Ah, ciao, sì, te la passo
F pronto?
S metti sul due che c’è una puntata di NCIS che non ho mai visto, non c’è neanche Ziva, dev’essere una cosa vecchia!
(..io e il papà facciamo cose strane, oltre al bagno quando piove ci telefoniamo ogni volta che troviamo in onda una puntata di NCIS che non ci aspettiamo..)
Il pisciatore maledetto ha colpito ancora!
Fine maggio. Dopo la fioritura dei papaveri.
Sui bordi delle strade, accanto ai ricci spiaccicati, pullula di uomini adulti incontinenti e menefreghisti.
Uno di questi sfidava apertamente le leggi della fisica, essendo in giro con due stampelle..
(..il titolo arriva da un aneddoto – probabilmente inventato di sana pianta – che mio padre raccontava a me e a mia sorella, quando eravamo molto nanerottole e molto incontinenti notturne. L’identità di questo antisupereroe rimaneva sconosciuta e a testimoniare la sua esistenza c’era solo una scritta sulla lavagna: quella, appunto, nel titolo)
I comunisti e i nerd sì!
Natale di qualche anno fa. In rete impazzano i soliti filmati di auguri in flash a cui nessuno è immune.
Un filmato che mi arriva è però diverso dagli altri perché si fonda su un semplice assunto: Babbo Natale è vestito di rosso.
Quindi è comunista.
Quindi mangia i bambini!
Ugo (mia sorella!) l’aveva imparato a memoria e ci ha deliziato per tutto il pranzo di Natale camuffandosi la voce e urlando ad ogni piè sospinto “Papà, papà, mangia i bambini!”.
(..il titolo è di Sara, che all’osservazione di Domitilla “smettila co sta cosa che ciai bambini, che c’è mica gente che se li mangia!” ha risposto proprio così! quasi proprio così: ha aggiunto un’emoticon in fondo che io, per chiare esigenze editoriali, ho tagliato!)