Forze dell’ordine

Ultimamente io e il sig. N abbiamo avuto dei simpatici incontri con le forze dell’ordine, uno ciascuno e in tempi piuttosto ravvicinati.

All’inizio del mese io sono passata da Roma di ritorno dalla Puglia per prendere un treno e tornare a casa; in attesa che si facesse l’ora giusta passeggiavo per via Veneto con mia madre mentre mio padre era ad un appuntamento. La macchina era parcheggiata sul marciapiede (in via Veneto non si parcheggia, nelle vie laterali nemmeno..).
Mio padre finisce il suo app e in contemporanea avvistiamo due vigili. Mia madre mi pianta le chiavi della macchina in mano e mi manda a recuperarla.
Arrivo, faccio per sparcheggiare e sento un “toc, toc!” sul vetro. Il vigile mi ha beccata in pieno e mi scoccia particolarmente, visto che non ho nemmeno parcheggiato io.. ma ormai è fatta.
Tiro giù il finestrino e il vigile inizia “Signora, questo è un marciapiede, lo sa?” “Sì, lo so, ma dovevo accostare un attimo e non sapevo proprio dove fermarmi..” “Ma non sul marciapiede!” “Lo so, lo so” “Va beh, senta. La prossima volta, se proprio deve, almeno la metta in doppia fila!”. E a quel punto ho avuto qualche problema.. a restare seria!!!
A Milano potrebbe non succedermi niente se parcheggio su un marciapiede, ma è sicuro che se la lascio in doppia fila me la portano via in meno di cinque minuti.
Alla fine con l’aria molto contrita me ne sono andata, con il vigile che molto gentilmente mi faceva manovra :-p

Domenica invece andando dai suoceri, c’era il sig. N al volante della Jollyroger. In autostrada chiacchieravamo e lui stava andando piuttosto piano (almeno secondo i miei standard).
Ad un certo punto mi dice “c’è la polizia che ci segue” “ma figurati, staranno andando piano anche loro”. Arriviamo alla nostra uscita e la polizia esce anche lei. Il sig. N è sempre più preoccupato..
Paghiamo il biglietto, la polizia passa il telepass, si sposta sulla nostra corsia davanti a noi e tira fuori la paletta. Va beh, vediamo cosa c’è.
Il sig. N accosta, scende, inizia a dire “Buongiorno..” e poi saluta amichevolmente uno dei due.
Era un vecchio amico che sorpassandoci l’aveva riconosciuto!

(..ora basta per il prossimo anno, eh!)

Quella volta che sono diventata grande

In casa mia si è sempre letto il Corriere. Quando ero piccola d’estate al mare andavo in edicola (che stava a circa 2 minuti a piedi da casa, su una tranquilla strada residenziale) a comprare il giornale per il papà (poi mi dimenticavo sempre il resto e l’edicolante – che era la nonna di due mie amiche – lo dava ai miei quando li vedeva passare, ma questa è un’altra storia).
Era (in realtà lo è tutt’ora a casa dei miei) vietato stropicciare il giornale, spiegazzarlo e leggerlo arrotolato, come fa le gente in treno o sui mezzi pubblici: il Corriere si legge (all’epoca il formato era più grande di quello attuale) preferibilmente seduti al tavolo e in mancanza di tavolo, seduti in poltrona in maniera consona (sempre in modo tale che il giornale non si spiegazzi, ecc.).
Se le pagine si sfasano mio padre (e io, che ho ereditato questa sua mania) prima lo riordina e poi lo legge.

Nel mezzo di tutte queste manie, sfogliare il giornale a casa mia non era una cosa così strana neanche per le nanerottole (quando alle medie ci facevano leggere il giornale in classe e ci spiegavano dove stava la cronaca, la terza pagina che non sta a pagina tre, la politica, ecc. non c’era molto di nuovo per me), anche se non si può dire che lo leggessimo veramente.

Poi nell’estate in cui avevo ancora tredici anni (i quattordici sarebbero arrivati qualche mese più tardi, dopo l’inizio della scuola), un giorno sotto gli ombrelloni un amico dice “Ma vi rendete conto che c’è una guerra e noi non ne sappiamo niente?” e sì, mi ricordavo qualcosa dai titoli che leggevo, ma non avevo mai approfondito. Era la prima guerra del Golfo e quell’estate ho iniziato a leggere (pezzi) di giornale.

(..oggi sono 19 anni che è morto Paolo Borsellino, un’altra di quelle notizie arrivate con sgomento sotto l’ombrellone..)

Effetti collaterali

La novità tennologica è che da un paio di volte il direttivo ha smesso di riunirsi in IRC ed è passato a Skype, dalla chat alla chiacchiera a voce il passo è lungo e ci sono un sacco di pro: si fa prima, ci si capisce meglio, si riesce a discutere senza perdersi i pezzi, ecc. Poi ogni tanto c’è qualche problema tecnico (telefonate che cadono, gente che sparisce,..) ma mediamente basta far chiamare il gruppo da quello che ha la connessione più stabile e il risultato è più che accettabile.
Siamo tutti, credo, microfonati, ma questo non toglie un po’ di distrazioni che vengono da fuori (il sig. N che mi parla..) a meno di non ricordarsi di silenziare il microfono (se piomba lì la mamma a metà di una riunione, ad esempio..). E dopo mezzanotte (trascorse già un paio d’ore dall’inizio) la concentrazione inizia a calare.

(rumore d’acqua)
F chi è che ci ha portati in bagno?
R sto lavando le ciliegie..
(..e dalle parti di Modena attaccano a ridere!)

Blu come un cielo trapunto di stelle

Il pratone fiorito di viola di settimana scorsa non c’era più: l’hanno falciato e stava seccando prima di essere imballato e conservato come fieno, ma i prati tagliati sono già ricresciuti.
E io faccio il capobanda, perché ho la scusa, e un po’ mi lancio e un po’ li aspetto. Finché non scopro che se anche mi lancio, prima o poi arrivano.. e i prati invitano a lanciarsi in un galoppo a perdifiato.
Ed è la sera giusta perché non fa troppo caldo, non ci sono troppi insetti e io e il mio destriero siamo proprio in sintonia.
Scendiamo in una valletta e due belle lepri ci scappano davanti e un pensiero passa tra le orecchie del mio cavallo “le inseguiamo?”, ma poi cediamo all’impulso e riposiamo un attimo, ché un’altra corsa in salita ci attende e prima di passare il crinale un altro pensiero “che c’è dietro? quasi quasi mi fermo..” e invece arriviamo in cima e un poco oltre, prima di aspettare gli altri, perché un po’ più avanti è sempre meglio.
Un attimo di fresco con le zampe a mollo nel Tidoncello e poi la fuga finale. Lentamente passiamo accanto all’albero, prima che qualcuno salti giù dal dislivello senza vederlo e poi corriamo verso casa: veloci, testa a testa con chi ci affianca, per poi lasciarlo indietro, saltando quel che non ci aspettiamo per la strada (i solchi del trattore, il rigagnolo d’acqua..), provando ad aspettare gli ultimi due e poi decidere che non importa, ci troviamo in fondo.

(..che bella questa sintonia, mi mancava da una vita.. grazie. bello. bello. grazie. Ancora?)

Sotto la luna puttana e il cielo che sorride

Niente.
Vorrei scrivere miliardi di cose ma non sono in vena, c’ho i pensieri che frullano e si mischiano alle note di De Gregori che canticchio anche mentre dormo, dopo averlo ascoltato per oltre 600km, in loop.

(..pffffffffffffffffff, sbuffo come una teiera, dice un impertinente BOFH. Ma come fanno i marinai..? rispondo io..)

La mia valigia

Quando due settimane fa ho preso la mia valigia per prepararmi ad andare via, l’ho trovata ammuffita.. in effetti era dal viaggio di nozze che non la usavo più e questo inverno il solito problema di umidità è stato più problematico degli altri anni (il povero deumidificatore non ce la faceva).
Muffa a parte, mi sto rifacendo delle miglia mancanti: col sig. N siamo stati a Roma-Montalto di Casto-Valentano-Todi-Baschi, con i miei siamo andati a trovare mia sorella in Puglia (poi ne scriverò) per cui Vieste-Monte Sant’Angelo-Manfredonia-Roma-poi Frieda in treno, venerdì vado a Siena e torno sabato passando per i colli piacentini e prima delle vacanze andrò anche a Viterbo.

Insomma, mi sono scrollata via anche io un po’ di muffa!

Non succederà più

L’altro giorno casualmente mio padre ha tirato fuori un ricordo che avevo soppresso (per me era irrilevante, invece lui si era spaventato quindi se lo ricorda bene) e mi ha fatto ridere molto.

Quindici anni fa (o giù di lì) avevamo un bellissimo modem, con cui io e Ugo stavamo attaccate a internet ore e ore (con somma gioia della Telecom e della sua TUT e, si fa per dire, buona pace dei miei quando arrivava la bolletta).
Il computer stava in camera mia, la presa del telefono nei pressi della cucina e ci volevano 10 metri di cavo telefonico con tanto di giuntura in mezzo per collegarmi. Prendere il cavo, snodarlo, attaccarlo da una parte, stenderlo, arrivare al modem, attaccarlo e finalmente far partire la sospirata connessione.. praticamente un’impresa titanica! Per cui spesso lasciavo il cavo attaccato e steso per casa (con gente che ci inciampava, il modem che cadeva a terra, ma va beh.. la US Robotics li faceva solidi!).
Se il cavo era attaccato alla presa telefonica, anche se il modem era sconnesso, gli altri telefoni di casa non suonavano.

Una volta che i miei erano via – e i cellulari non erano ancora in dotazione ai figli – devono aver provato a chiamarci diverse volte, non ottenendo mai risposta. Fino al punto di preoccuparsi e telefonare ad un vicino di casa che era venuto a citofonarci un po’ in apprensione e un po’ imbarazzato per sincerarsi che fossimo ancora vive.

(..a seguito di questo simpativo episodio, mio padre installò a casa un centralino, per bypassare le sue figlie e il loro modem!)

Vicino a Roma a Little Bighorn

Siamo usciti in una sera di pioggia e non ci siamo più lasciati (..to be continued..!)

La prima cosa che mi viene in mente è che non ho mai visto così tante fanciulle scalze ad un matrimonio.. (del resto la sposa dava il pessimo esempio!)

Mia suocera ricorda ancora con molta sorpresa che la mattina (ci siamo sposati di pomeriggio) io fossi talmente tranquilla e sul pezzo da aver fatto una lavatrice (che lei e l’allora futuro marito hanno steso).

(..primo anniversario e noi dispersi per l’Italia. Manco a dirlo, questo è un post programmato!!)

Dammi due parole

Tra le tante informazioni (abstract, foto, short bio) che mi hanno chiesto per un convegno, ce n’è una che l’altra sera mi ha spiazzato:

in due parole (due max) come ti definiresti

Non sapendo che dire ho iniziato a tormentare gli amici online su gtalk chiedendo una mano per risolvere il mio “serissimo problema”.

Tra le tante risposte ha goduto di una certa popolarità “dolcemente autoritaria”, rapidamente scartato dopo che googlando ho trovato un simpatico annuncio che richiedeva “… lezioni di “arte romagnola” da una coppia con lui mini o normo dotato e lei curiosa e dolcemente autoritaria, primissima esperienza, max discrezione …”.

In un’altra conversazione siamo partite da “grandemente indaffarata” per finire a parlare di aviaria (e ricevere un altro link sul tema, oggi, questo!).

Il più nerd, che però mi ha risposto in differita, mi ha mandato una mail spiegandomi che lì per lì aveva un po’ travisato:

pensavo che mi stessi chiedendo:

«Mi definiresti in due parole “2”» cioè la definizione del (concetto di) numero 2.

La cosa bella è che avevo pure la risposta pronta:
“il numero due è la classe di equivalenza degli insiemi che hanno la
stessa cardinalità di: $$\{ \emptyset, \{\emptyset\}\} $$”
(sì, ho un plugin che mi permette di visualizzare il LaTeX scritto nelle mail).

(..ho passato la sera a ridere, almeno :-))

O tempora, o mores! (l’amante)

Il sig. N non usa il profumo e non lo ama particolarmente. Ogni tanto io lo avvicino munita di una boccetta di qualche essenza che gli hanno regalato, ne spruzzo un po’ in aria e lui ci passa in mezzo, così da avere solo un vago profumo (oltre che la massima attenzione delle gatte che osservano estasiate lo strano rituale).

Dato lo scarso uso che ne fa, io non riconosco quel profumo.
L’altra sera siamo usciti con amici e l’ha messo e la sera a letto prima di addormentarmi lo notavo come qualcosa di insolito.

F con quel profumo lì addosso, sembra di essere a letto con l’amante!

(..ovviamente il sig. N non ha apprezzato O.o)